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Mutui, i documenti mancanti bloccano il 50% delle perizie

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Metà delle pratiche si blocca ancora prima di iniziare per mancanza dei documenti. E in un terzo dei casi si scoprono difformità edilizie o catastali, che possono anche compromettere la trattativa. Ecco che cosa accade quando le banche affidano una valutazione immobiliare per istruire una pratica di mutuo. È quanto emerge da un’analisi basata su un campione enorme, circa 300mila operazioni, che Assovib, associazione che rappresenta le principali società del settore, ha anticipato a Casa24 Plus. Uno studio che fa emergere una situazione ancora oscura a livello di corrispondenza tra patrimonio edilizio e catasto.

Sul totale delle perizie analizzate, il 65% riguardava pratiche di nuovi mutui. Nel restante 35% si trattava di rivalutazioni periodiche, anche queste a servizio del mondo bancario, per immobili collegati a crediti in bonis, sofferenze o Npl. «Questo secondo gruppo è oggettivamente problematico perché si tratta di recuperare documentazione spesso datata e frammentaria. Stupisce, invece, la farraginosità ancora frequente riscontrata nelle nuove richieste di finanziamento», dice Francesco Simone, responsabile del Comitato tecnico-scientifico dell’associazione. Che cosa trovano la società quando la banca invia i documenti? Nel 44% dei casi l’incartamento è incompleto, perché mancano certificati all’apparenza semplici come la visura o la planimetria catastale aggiornate e l’atto di provenienza della casa. Un intoppo che in media allunga l’iter di 11 giorni. Ma soprattutto, nel 17,5% dei casi si riscontra una difformità edilizia (e quindi anche catastale) e in un altro 18,5% un problema solo catastale: in totale un 36% di situazioni da sanare.

«La casistica è varia. Ad esempio, cambi di destinazioni d’uso dei vani non aggiornati al catasto, aumenti di volumetrie non aggiornati o addirittura non autorizzati, in qualche caso anche nuove porzioni di fabbricato abusive – continua il responsabile Assovib –. Le possibilità di rimediare variano naturalmente a seconda del caso. Una camera trasformata in bagno si recupera agevolmente con una denunciata tardiva, così come una veranda illegale si può far smontare con una spesa contenuta. Mentre l’aggiunta di metri quadrati non autorizzati è più complicata e in quei casi banca e proprietario valutano più a fondo. In linea di principio le banche non rischiano a immettere nel circuito del credito immobili abusivi».

Perché succede? Un po’ tutti gli attori in campo sono coinvolti, compresi i proprietari, colpevoli talvolta per noncuranza, altre volte intenzionalmente. «Sono migliaia i casi in cui i privati non siano in possesso dell’atto di proprietà, magari perché il notaio non l’aveva spedito subito e si sono scordati di richiederlo. E sono tanti coloro i quali hanno effettuato dei lavori regolarmente denunciati al Comune, senza poi comunicarlo al catasto. Un passaggio che non va in automatico, ma che deve essere espletato a fine lavori e comporta un costo in più, anche di 6-700 euro, che magari si preferisce evitare».

Nel mirino entrano anche altre categorie. Ad esempio gli agenti immobiliari, che a livello deontologico si impegnano a immettere sul mercato solo abitazioni libere da vizi di qualsiasi natura. Ma che in realtà, nella loro attività di mediazione, non sono sottoposti a obblighi stringenti. Lo ha confermato anche una recente sentenza della Cassazione (numero 8849/2017 pubblicata in data 5 aprile2017) secondo cui, in sostanza, verifiche specifiche (ad esempio, la presenza di ipoteche sull’immobile o il suo corretto accatastamento) non rientrano nei compiti ordinari dell’agente e vanno affrontate solo su richiesta esplicita dell’acquirente.

«Succede anche che siano le banche a sottovalutare l’importanza di un documento e quindi a non richiederlo all’aspirante mutuatario, finendo così per allungare la pratica» aggiunge Simone. Tutto questo, nonostante Abi, Assovib e altre associazioni del settore abbiano lavorato mesi per mettere a punto le “Linee Guida Abi per la valutazione degli immobili in garanzia delle esposizioni creditizie”, non un obbligo di legge, ma un codice di autoregolamentazione dettato dalla cosiddetta “Direttiva mutui” 2014/17/Ue. Insomma, c’è ancora molto da fare. «Maggior cultura della valutazione immobiliare – chiosano da Assovib – sarebbe auspicabile a tutti i livelli delle filiera».

Fonte: www.ilsole24ore.com